Un tremendo lutto ha colpito il mondo del calcio italiano. È morto, infatti, William Vecchi, ex preparatore dei portieri della Juventus, del Real Madrid e del Milan. Proprio con la maglia dei rossoneri aveva esordito da giocatore – in porta, ovviamente – nel febbraio del 1968: un debutto da brividi, visto che avvenne contro l’Inter, in un derby in cui avrebbe preso gol da Renato Cappellini dopo soli due minuti.
Aveva dovuto prendere il posto di Cudicini, che si era fatto male: così Nereo Rocco si era rivolto a lui.
La carriera da portiere
Eppure la sua carriera da portiere era iniziata in modo piuttosto casuale, quando Vecchi era già un ragazzo fatto e finito: a 15 anni, infatti, aveva sostituito il portiere titolare del Boiardo, che a causa di uno scontro di gioco si era rotto i denti.
Il Boiardo era la squadra della parrocchia di Scandiano, la località in provincia di Reggio Emilia in cui Vecchi era nato e cresciuto. Così, per quel fortuito episodio l’allenatore del Boiardo, vale a dire il parroco, aveva chiesto a William di andare tra i pali. Il motivo? Quando giocava come terzino – il ruolo che Vecchi aveva avuto fino ad allora – William non si faceva problemi nel tuffarsi dietro gli avversari che lo dribblavano per fermarli afferrando loro le gambe.
Insomma, come difensore forse non era un granché, eppure la sua abilità nel tuffarsi gli sarebbe valsa una grande carriera in porta.
Al Milan
Il nome di Vecchi è stato sempre legato al Milan. Le sue braccia lunghe avevano iniziato a difendere la porta dei rossoneri dopo un provino che il giovane William aveva svolto davanti a Nils Liedholm: fu proprio il Barone a dare la propria approvazione.
Al Milan Vecchi è rimasto per sei anni, dal 1968 al 1974, totalizzando 71 partite. Non fu mai titolare inamovibile, visto che prima si alternò con Belli e poi con lo stesso Cudicini. La seconda parte della carriera la trascorse in squadre di seconda fascia, come il Cagliari e il Como, prima di finire alla Spal. Appese i guantoni e gli scarpini al chiodo nel 1982, e praticamente subito dopo iniziò a lavorare come preparatore dei portieri.
Così iniziò la sua seconda vita, strettamente legata alla prima. A partire dal 2001 tornò a Milanello, accanto al suo amico Carlo Ancelotti, e vi rimase fino al 2009. Contribuì a ottenere la Champions League, per due volte, e lo scudetto. Fu anche per merito suo che ai tempi Dida divenne uno dei portieri più forti al mondo. Quando Ancelotti andò al Real Madrid, Vecchi lo seguì: e anche lì furono successi.
Una carriera speciale
Da preparatore, Vecchi ha allenato anche nel settore giovanile del Milan, e poi alla Reggiana, al Parma e alla Juventus. Schiena dritta e carattere deciso, è sempre stato un collaboratore importante e fedele, amato da tutti nel gruppo: una presenza fondamentale nello spogliatoio, magari non notata dagli osservatori esterni ma solida e inevitabile.
La modestia era una delle sue virtù, e lo portava a percepirsi come una persona privilegiata. E in effetti Vecchi è stato davvero fortunato, svolgendo il lavoro dei propri sogni, vincendo e avendo l’opportunità di girare il mondo. In campo William faceva della reattività il proprio punto di forza, e in questo modo sopperiva a quello che poteva forse essere considerato un difetto fisico: l’altezza normale, e non da gigante.
Il coraggio non gli mancava, e lo portava a eseguire interventi in acrobazia, ma soprattutto a cimentarsi in uscite basse a dir poco spericolate contro gli attaccanti lanciati a rete. L’amore per il rischio gli ha provocato anche qualche infortunio, come quella volta che in uno scontro di gioco si ruppe una mano e fu costretto a saltare una stagione intera.
L’eroe di Salonicco
Vecchi sarà ricordato per sempre come l’eroe di Salonicco, perché proprio nella città greca si giocò la partite della sua vita: era il 1973 e il Milan raggiunse la finale della Coppa delle Coppe, che disputò contro gli inglesi del Leeds United.
Andati in vantaggio grazie a un gol segnato da Luciano Chiarugi su calcio di punizione, i rossoneri difesero quella rete con cattiveria e audacia, affidandosi alle parate di Vecchi. Lui la Coppa delle Coppe l’aveva già vinta, e d’altro canto il suo palmares internazionale comprendeva anche una Coppa Intercontinentale e una Coppa dei Campioni: quest’ultima vinta nel 1969, anche se stando in panchina per far posto al titolare Cudicini.
Ma Vecchi era in campo anche il giorno della fatal Verona, proprio dopo la finale di Coppa delle Coppe del 1973, e non fu in grado di respingere gli attacchi degli scaligeri. Quel 5 a 3 entrato nella storia e perfino nel linguaggio calcistico ha sempre rappresentato la sua amarezza più importante in una carriera di trionfi.